Alla Ricerca dei gruccioni in Calabria di Pietro Florio
Come è noto, nel periodo estivo la penisola Italiana è sempre interessata da importanti migrazioni come, ad esempio, quelle dei gruccioni, delle ghiandaie marine e delle upupe. L’uscita, a cui dedico questo articolo, è proprio indirizzata alla ricerca del gruccione, animale dai colori variegati e vividi, che desta sempre meraviglia nel momento in cui lo si incontra. Ho pianificato con cura un viaggio di due giorni in due diverse zone in cui sapevo di avere ottime probabilità d’incontrarlo. Una fase importante della pianificazione è, secondo me, la scelta della attrezzatura ed è qui che ho potuto saggiare ancora una volta la validità dei prodotti Vanguard. Ho stabilito che, per poter avere successo, era necessario un approccio improntato sull’appostamento e l’attesa, perciò si è reso necessario individuare un’altura con ampia visuale e che affacciava su delle gole “che di solito eleggono a territorio di caccia”, ossia abbastanza ampie da consentire di scattare: non è cosa del tutto semplice con questi animali in movimento, date le loro ridotte dimensioni ed i movimenti rapidi, nonchè i colori dell’animale stesso che a volte possono mandare in confusione l’ AF. Ho scelto di portare con me il nuovo zaino modello Alta Sky 68, al suo interno ho inserito prima di tutto il solito nikon 500mm F4, che ritengo inamovibile dal ruolo di ottica principale quando c’è da appostarsi e stare ore dietro alla reflex. L’ho supportata con il treppiede Vanguard VEO3+ 263CT, che si presta molto bene con questa ottica, come descritto nel precedente articolo, e di cui elencherò più in dettaglio il corredo. La novità è stata proprio lo zaino, il nuovo alta sky 68, che Vanguard mi ha fornito per rendere più agevole e confortevole il trasporto dell’attrezzatura: devo dire che ho riscontrato notevoli vantaggi sul campo attraverso il suo utilizzo. Innanzitutto, mi sento di lodare la sua capienza e, nel farlo, farò un breve elenco del corredo riposto al suo interno mentre, successivamente, descriverò l’uscita fotografica, arricchendola con qualche dettaglio.
Corredo all’ interno dell’Alta Sky 68:
- 2reflex: NIKON D500 e NIKON D4;
- 2 obiettivi: NIKON 500mm F4 VR e NIKON 70-200 F 2.8 VR + NIKON tc 1,4 serie 3;
- Binocolo 10x42;
- Treppiede VEO 3+263CT + testa video Alta-PH 123V;
- Attrezzatura di prima necessità tipo thermos, telo mimetico, ecc...
Parlando più in dettaglio dello zaino, è bene mettere in risalto i suoi pregi. Mi sento di dire che è stato ben progettato dal momento che è composto da ottimi materiali che giudico resistenti, che ha un enorme capacità di modulazione interna, grazie ai numerosi separatori interni che consentono di gestire al massimo gli spazi, e che dispone di ottimi spallacci e cuscinetti sul lato posteriore per favorire l’aderenza nella zona della schiena: la marcia è confortovele su lunghi percorsi. La sua sagoma è stata ben concepita e questo rende il peso complessivo ben bilanciato, mentre al suo interno ne beneficia anche la distribuzione dei pesi stessi: il tutto rende più agevole i movimenti quando si percorrono terreni accidentati o si devono affrontare salite ripide su terreni scoscesi. Inoltre, si presta bene anche come base di appoggio; infatti ho riscontrato che, qualora si renda necessario, può essere messo a terra per fornire un valido appoggio per l’ottica e scattare fotografie agli animali da posizione sdraiata: sottolineo che trovo questa tecnica molto vantaggiosa, specialmente per chi, come me, utilizza ottiche di lunga focale che, come è noto, possono essere soggette a fattori di micromosso se non fissate saldamente ad un buon treppiede. Avere la possibilità di poggiare l’estremità dell’ottica, anziché sfruttare la staffa, risulta producente in determinate condizioni: un vero gioiello di zaino insomma! L’unico appunto, che mi sento di fare, è il fatto di non avere molte sacche esterne o punti di attacco per trasporto di materiale addizionale sempre utile in natura, ma niente a cui non si riesca ad ovviare.
Dopo questa breve descrizione, è bene ritornare a parlare dell’uscita fotografica. Posso dire che non ritengo complessa questo tipo di uscita, principalmente perché il gruccione, a differenza della ghiandaia marina, non è un animale particolarmente diffidente e, a differenza della poiana, permette un’attesa non prolissa e nemmeno snervante perchè di solito è particolarmente attivo durante tutto l’arco della giornata. Cosa molto importante è la tecnica esecutiva, poiché, come già anticipato in precedenza, non è del tutto semplice immortalare questo animale anche a causa della luce solare. La prospettiva durante le ore centrali del giorno non è certo favorevole al pari della qualità dell’aria: su quest’ultimo punto, sento di volermi soffermare un po' di più con un focus, poiché lo ritengo la componente principale di disturbo, soprattutto durante i periodi di forte caldo. Durante le giornate con luce dura e temperature al di sopra della norma, dal momento che la temperatura può influenzare l’indice di rifrazione, i raggi luminosi sono soggetti a deviazioni attraversando le zone di differente temperatura, comportando quindi un calo di definizione e, a volte, anche distorsioni, specialmente nelle zone periferiche della foto. Questo, naturalmente, va ad intaccare anche l’efficienza dell’AF.
Per contrastare efficacemente le condizioni descritte nei periodi caldi, tipicamente quello estivo, spesso ricorro al posizionamento e all’ attesa. Come in ogni cosa, la fortuna ha sempre la sua importanza, perciò cerco delle zone in ombra che vanno anche a beneficio del mimetismo: si attende che l’animale possa passare dalla zona scelta. L’alternativa è l’attesa durante le ore del tramonto, in modo tale che l’affievolirsi del caldo e l’eventuale comparsa di un po' di vento possano andare a beneficio della qualità dell’aria, consentendo scatti più nitidi e magari con un diaframma più aperto. Se queste condizioni non possono verificarsi, una valida alternativa è cercare di scattare delle foto con l’animale in cielo aperto e non con pareti di sabbia o con alberatura come sfondo, in modo tale da andare in aiuto dell’AF. Analizzando gli scatti al pc, una volta rientrato a casa, i migliori naturalmente sono stati quelli fatti durante le prime ore del mattino ed al tramonto.